venerdì 16 maggio 2025

Tappa 5: da Rieti a L'Aquila. L'Appennino ci mette alla prova

La notte è passata, e incredibilmente siamo ancora vivi. La bettola in cui abbiamo dormito non ci ha demolito del tutto le ossa, e io sono persino riuscito a dormire qualche ora in più. La partenza di stamattina, però, non è stata delle più semplici: l’alloggio era a metà di una lunga scalinata e uscire da quella "Torre di Babele" con il carrellino al seguito è stata un’impresa. Ma ormai, con quel carrello, mi sento in grado di affrontare qualsiasi ostacolo.

L’aria è pungente, appena 13 gradi. Rifiutiamo con convinzione la colazione nella bettola e ci mettiamo alla ricerca di un bar degno di questo nome. Finalmente, dopo un buon caffè, siamo pronti a partire.

La tappa di oggi è più corta del previsto: i chilometri percorsi ieri ci permettono di accorciare, e forse – chissà – riusciremo persino a guadagnare un giorno sul nostro rientro. Il percorso sembra semplice, anche perché c’è praticamente una sola strada. Ma dopo 4 km, il Garmin ci dice di svoltare a sinistra. Davanti a noi si apre una stradina strettissima con pendenze fino al 15%. In cima diventa sterrata e inaffrontabile per le nostre bici, quindi torniamo indietro e riprendiamo la statale Salaria, fortunatamente poco trafficata.

Il freddo aumenta, il termometro segna 12 gradi, e ci diciamo: “Dai, con le salite ci scaldiamo!”. Niente da fare: più saliamo, più il freddo si fa pungente.

Attraversiamo Cittaducale e decidiamo di fare una breve deviazione per visitarla. Cittadina del Duecento, quadrata, cinta da mura con tre torri (due perfette, una in ristrutturazione), una bella cattedrale, case ordinate e decorazioni nobiliari sui muri. Ne usciamo soddisfatti… anche se la salita non era prevista.

Riprendiamo la Salaria, che come tante altre strade della zona, costeggia un torrente e numerose vasche per l’allevamento delle trote. Ogni paese ha la sua stazione e almeno un passaggio a livello: li abbiamo trovati tutti chiusi, uno dopo l’altro. La ferrovia a binario unico, che collega Terni a L’Aquila, ha un fascino antico, con i suoi vagoni a gasolio che si arrampicano fino a mille metri.

Oggi, niente traffico. Ma la traccia ci riserva una “scorciatoia” micidiale, con pendenze al 20%: impossibile non maledire Komoot. Superiamo un cascinale, un cavallo e un mulo ci osservano stupiti, mentre nel recinto ci sono altri cavalli e diversi puledrini. Sembrano non aver mai visto due ciclisti con tre ruote!

Dopo il rientro sulla Salaria, il freddo si fa insopportabile. Io tremo, le mani sono intorpidite. Anche Gianni, con i guanti lunghi, ha le dita ghiacciate. Il Garmin segna 7 gradi. Ma la vallata è splendida, tutto è avvolto nel verde. Tra le nuvole spunta il Terminillo, ancora innevato, e in lontananza si scorge il Gran Sasso. L’Appennino qui regala davvero paesaggi mozzafiato.

Finalmente, in cima al passo Sella di Corno, ci fermiamo, indossiamo le mantelline e affrontiamo una lunga discesa di 10 km. Ma che freddo! È terribile. Ci rifugiamo nell’unico locale aperto per mangiare qualcosa. Niente di caldo da bere, solo una frittata e un caffè. Ci rimettiamo in sella: mancano solo 14 km.

Il traffico aumenta. Finalmente siamo a L’Aquila. Il nostro unico pensiero: una doccia bollente. Nonostante il freddo, la voglia di scoprire la città è più forte.
Salendo verso il centro storico riesco persino a scattare qualche foto in bici. È previsto maltempo, ma oggi ci siamo già goduti pioggia, freddo, vento... non ci siamo fatti mancare nulla!

Cerco personalmente un posto dove dormire, usando il vecchio metodo: controllo zona, recensioni e telefono. Al primo tentativo è fatta. Le foto e le recensioni non mentivano: un monolocale elegante e ben arredato, dopo la bettola di Rieti, ci sembra una reggia. Davide, il proprietario, ha fatto davvero un bel lavoro.

Dopo l’agognata doccia bollente, nonostante il gelo, usciamo per una passeggiata. Il vento resta pungente, ma la città ci conquista: palazzi storici ristrutturati e messi in sicurezza con grande cura. C’è ancora molto da fare, ma L’Aquila ha tutte le carte in regola per diventare una meta turistica d’eccezione.

Visitiamo quasi tutto il centro: la Basilica è maestosa, imponenti le navate. Bellissima anche la Fontana delle 99 Cannelle, il Forte Spagnolo e il parco adiacente. La città ha reagito con forza al terremoto, e gli abruzzesi si confermano capaci e caparbi. Parlo con Davide, che è anche geometra, e mi spiega alcune tecniche di messa in sicurezza degli edifici. Un lavoro immane, ma possibile.

Prima di rientrare, ci concediamo un cartoccio di olive ascolane. Poi cena al ristorante Braci e Abbacchi, consigliato da Fabrizio, caro amico di Gianni. Cucina abruzzese: io prendo una matriciana e arrosticini di manzo, 


Gianni opta per un piatto tipico “Cacio e Ova”, una sorta di scrigno con spezzatino di agnello, cacio (forse caciocavallo), pecorino e altri ingredienti che non ricorda nemmeno lui… ma i suoi occhi felici parlano da soli. Tutto squisito.

Torniamo al B&B. Domani dobbiamo rivedere le ultime tappe e valutare qualche modifica per tornare a Torino con un giorno di anticipo.

Buonanotte da L’Aquila.


Nessun commento:

Posta un commento