Sbarcati a Porto Torres, ad accoglierci un pallido sole, purtroppo è durato poco. Usciti dal porto, ci siamo subito diretti all'imbarco verso Stintino. Ad attenderci Ivan che con il suo GommoTaxi ci porterà all’Asinara,
l’aria è veramente fresca, il cielo al momento ci grazia, pedaliamo
spediti e cominciamo a saggiare il peso dei nostri carichi.
Arriviamo al porto, con noi ci sono due ragazzi che si accingono alla traversata, cominciamo a sistemare le bici sul gommone, e comincia a piovere. Si comincia il tour così come la nostra partenza da Torino.
Il tragitto in gommone fortunatamente non è lungo, e il mare era abbastanza calmo, in lontananza si intravvede l’isola Piana, In gioventù spesso ho fatto tutto il suo perimetro a nuoto. Le nuvole sono basse e cupe, alcune fanno da cappello a Punta della Scomunica, che con i suoi 408 m.s.l.m. è il monte più alto dell’isola.
Eccoci al porto di Fornelli, sbarchiamo sistemiamo bici e bagagli,
percorro il piccolo molo e appena sul piazzale, vengo invaso da una
sensazione indescrivibile, emozione e una voglia frenetica di
cominciare ad esplorare tutta l’isola, tra me e me spero poter
incontrare gli asinelli bianchi con gli occhi azzurri, i cavalli e
tutta la ricca fauna presente nell’isola. Giorgio e Tom si
intrattengono a parlare con Ivan e una’audace ciclista, che in solitaria
sta facendo un tour simile al nostro, ma con un taglio netto
nell’entroterra.
Faccio poche centinaia di metri lungo un sentiero che corre lungo la scogliera, meno male che nessuno era con me, saltavo dalla gioia, un bambino, davanti a me una coppia di cavalli, bellissimi, la femmina era immersa nello stagno e il maschio nel punto più alto quasi a fare da sentinella, non conoscendo la loro reazione e l’abitudine all’uomo, mi sono limitato ad osservarli da lontano.
Alzo lo sguardo e intravvedo antichi edifici rurali semi distrutti e pericolanti, tutti avevano una struttura importante, con un’ampia corte circondata da muri perimetrali. Comincia bene la mia voglia di sapere, capire cosa fosse l’attività principale prima che si insediassero carceri e colonie penali.
Che fascino, in pochi minuti sono riuscito a vedere vecchie strade e sentieri, li guardavo ma la mia immaginazione mi portava sempre al passato. Torno al porticciolo, e comincio con entusiasmo a raccontare, Giorgio e Tom che avevano già visitato l’isola sorridono e sono soddisfatti del mio entusiasmo.
Si parte in direzione di Cala Reale, una bellissima strada, larga e tutta in cemento, pare che sia stata in origine costruita dai detenuti. Si sale e si scende senza grandi asperità, l’andatura davvero lenta, mi giro in continuazione, scruto il territorio con l’entusiasmo di un bambino, tantissime soste, foto.
Cominciamo a vedere gli asinelli bianchi, siamo quasi sempre fermi, non so quante foto abbiamo fatte, ad ogni incontro una sosta. La pioggia ci accompagna fino alle 13, Fa freddo e si è alzato il vento, l’umidità ci penetra nelle ossa. In un'altro posto mi sarei fermato, ma in questo paradiso proprio no!
Ecco Cala Reale, bella, qui ci sono anche strutture ben ristrutturate, sede della guardia forestale e altri Enti, un bar che è ancora chiuso, 2 operai sono intenti alla ristrutturazione di un lavatoio, bellissimo sicuramente serviva ai detenuti per refrigerarsi, brutto da dire ma sicuramente essi mantenevano bene strade e territorio, una sorta di lavori da cantonieri, ma forzati, cercherò di documentarmi.
Ci fermiamo a mangiare qualcosa, Tom ha pensato bene di portare dell’ottimo salame casereccio, Giorgio della focaccia, come si dice in Sardegna: “Uno spuntino.” Un attimo e una colonia di gatti ci girava intorno, abbiamo dato loro pezzi di focaccia, brutta la fame, non ho mai visto un gatto addentare pane o focaccia. Si riparte, il cielo continua ad essere minaccioso, ma non piove più, a tratti un pallido sole. Con il sole colori e sfumature diventano delle spiagge e insenature diventano quadri, speriamo le foto diano la dimensione di quello che vedono i nostri occhi.
Eccoci a Capo Oliva, affascinante, un museo a cielo aperto con il suo carcere ed edifici storici, qualcosa che ti porta indietro nel tempo, ci sono anche case usate da villeggianti o proprietari, difficile prendere informazioni, sembrava di essere in una scena di un film. Davvero belle sensazioni. Ci dirigiamo subito nell’edificio adibito ad Ostello che ci ospiterà per la notte, qui fino al 1997 dormivano le guardie carcerarie, camerate da 6 / 8 posti letto, che mi hanno ricordato il periodo di leva, soffitti altissimi, bagni e docce in comune, freddo e umidità.
Si sa che in Sardegna le temperature non sono quelle della nostra Torino, ma vi assicuro che l’umidità e il vento possono essere anche peggio, specie quando i locali non sono riscaldati da nessuna fonte di calore, inevitabile non pensare alle guardie e ai detenuti. So che qualcuno può pensare che sia giusto così, ma il mio stato d’animo ed essere comunque mi ci fa pensare e provare un po’ d’angoscia. Sistemiamo le borse in una camerata, e partiamo per fare i 17 km che ci separano dal punto estremo dell’isola,
Il Faro, una strada sterrata, la prima parte bella, con un fondo battuto, l’ultima parte molto sconnessa e difficile, anche qui ogni angolo e panorama ci costringeva a fermarci per fare foto, incontrati tanti asinelli greggi di capre allo stato brado, inavvicinabili. Il Faro è sempre più vicino, lo scoglio estremo sui cui è stato costruito, viene bagnato da entrambi i lati, un piccola penisola, il faro intatto e funzionante.
Tutto il grande edificio che lo circonda, è distrutto e pericolante, difficile descriverne la grandezza, io purtroppo non riesco a dare il giusto equilibrio, perché il mio pensiero va sempre all’epoca di costruzione. Per andare ai piedi del faro c’è da attraversare i cavi pericolanti dell’energia elettrica, rinunciamo e saliamo verso uno dei punti dell’isola dove ci sono anche li edifici distrutti e pericolanti.
La strada in questo tratto è davvero impegnativa, la pendenza è costante al 18% e il fondo davvero tecnico. Questa ci porta ad una zona chiamata il semaforo, ma non ho capito il perché, anche a Capo Oliva non mi hanno saputo dare risposta. Precedo Giorgio e Tom, davanti a me due Muffloni, li vedo benissimo, mi fermo per fotografarli, ma in un attimo spariscono nella macchia, forse quando li ho visti non avrei dovuto gridare per farli vedere anche a Giorgio e Tom.
Siamo a un bivio, si può tornare indietro per poi riprendere la stessa strada compiendo un semi anello, oppure salire per poi scendere diretti su Capo Oliva, ma è tardi e optiamo per la strada più breve e sicura. Affrontiamo una discesa impegnativa, ci rimettiamo sul strada del ritorno, ci fermiamo su un promontorio davanti a noi un gruppo di Capre selvatiche, butto l’occhio sul mare ed ecco saltare tre macchie scure, subito non dico nulla per non fare la solita figura del bimbo eccitato, ma continuo a guardare il mare, ed ecco nuovamente i salti, sono tre delfini, a quel punto anche Tom cerca e insieme a distanza di minuti li vediamo nuovamente affiorare. Difficile percorrere questo tratto di costa ad una andatura regolare, sono troppe le cose da osservare, un paio di km ed ecco 4 enormi cinghiali sulla spiaggia, attraversano la strada e si buttano nella macchia, non ne avevo mai visti così scuri, quasi neri.
Siamo a un bivio, si può tornare indietro per poi riprendere la stessa strada compiendo un semi anello, oppure salire per poi scendere diretti su Capo Oliva, ma è tardi e optiamo per la strada più breve e sicura. Affrontiamo una discesa impegnativa, ci rimettiamo sul strada del ritorno, ci fermiamo su un promontorio davanti a noi un gruppo di Capre selvatiche, butto l’occhio sul mare ed ecco saltare tre macchie scure, subito non dico nulla per non fare la solita figura del bimbo eccitato, ma continuo a guardare il mare, ed ecco nuovamente i salti, sono tre delfini, a quel punto anche Tom cerca e insieme a distanza di minuti li vediamo nuovamente affiorare. Difficile percorrere questo tratto di costa ad una andatura regolare, sono troppe le cose da osservare, un paio di km ed ecco 4 enormi cinghiali sulla spiaggia, attraversano la strada e si buttano nella macchia, non ne avevo mai visti così scuri, quasi neri.
Eccoci a Capo Oliva una doccia e poi una passeggiata, la finestra della camerata si affaccia sul piccolo e vecchio cimitero abbandonato, indescrivibile quello che ho provato, c’erano segni di abbandono e sicuramente anche profanazione, una Cappella depredata di tutto e accanto una stanza con un tavolo di marmo con sgocciolatoio, qui venivano fatte le autopsie.
Poi ancora foto agli asinelli che incuranti dei turisti presenti arrivano sui gradini dell’Ostello, attrazione e natura mescolata ad un’atmosfera storica. Finalmente una cena che direi essenziale e basta! In camerata, tra una risata e l’altra io riesco a scrivere per il Blog e poi quando si affievolisce la mia voglia di raccontare, si dorme.
<--Presentazione | Tappa 2: Asinara - Castelsardo--> |
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